Rossini Gourmet
La Cucina di Gioachino
La fama di Rossini gourmet è da sempre esistita, con il Maestro in vita e poi nei decenni a venire, nutrita da un’aneddotica anche pettegola. Di sicuro le cronache dei suoi contemporanei e le stesse lettere del compositore testimoniano gli approvvigionamenti ed i donativi di tipicità alimentari d’eccellenza, l’entusiasmo per segreti di cucina scoperti, la cura meticolosa nel redigere menù. Dietro questa passione non c’è però solo la concessione alla gola, facile pretesto di ritratti superficiali e bozzettistici, ma c’è l’atmosfera culturale che Rossini respirava, a partire da quei caffè, luoghi di leccornie ma soprattutto di dibattito, dove artisti, musicisti e librettisti si ritrovavano assieme a direttori di teatri ed impresari. Ugualmente era la stessa élite parigina che frequentava la mensa ed il salotto di casa Rossini a considerare gastronomia e convivialità come esperienze intellettuali ed estetiche, su cui disquisire con competenza e raffinatezza (pittori e scrittori francesi hanno composto ricettari e testi dotti di gourmandise, con grande fierezza).
Amico di Rossini era anche Carème, cuoco creatore di banchetti memorabili, maestro dolciario che riteneva la pasticceria un ramo dell’architettura, ed i suoi superbi trionfi da tavola risultavano perfette copie di monumenti e capolavori dell’arte. Del resto le opere stesse del Maestro hanno ispirato pietanze e torte evocative dei titoli e delle loro atmosfere, ed accanto al piacere assoluto della sua musica raccontano spesso vicende e conversazioni che citano la piacevolezza e la ritualità della mensa imbandita, con tutte le sue gioie.
Non stupisce pertanto come in epoche successive, anche impropriamente, molti abbiano coniato la dizione “alla Rossini” come garanzia assoluta di eccelsa squisitezza, dall’eccelso Carème suo contemporaneo ai pizzaioli e barman dei nostri giorni.
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Rossini musicista e gourmet
Gioachino o Gioacchino Rossini – all’anagrafe Giovacchino Antonio Rossini -, è stata una delle figure intellettuali più significative dell’Ottocento italiano.
La sua attività di compositore ha spaziato attraverso vari generi musicali, ma è ricordato soprattutto come uno tra i più grandi operisti della storia. La prima parte della sua vita fu come uno dei suoi celeberrimi, travolgenti crescendo. Genio precoce, compose la prima opera all’età di quattordici anni. Seguirono innumerevoli successi, e tantissime opere, finché di colpo, come per iniziare una seconda esistenza, giunsero il precoce ed improvviso abbandono del teatro, la depressione e il ritiro nella pace della campagna parigina di Passy. Con molte pagine di musica ancora da scrivere.
Nato tre mesi dopo la morte di Wolfgang Amadeus Mozart, Rossini impresse al melodramma uno stile destinato a far epoca, e del quale chiunque, dopo di lui, avrebbe dovuto tener conto. Musicò decine di opere liriche senza limite di genere, dalle farse alle commedie, dalle tragedie alle opere serie e semiserie. A neanche vent’anni vide tre sue opere già rappresentate e la quota, un anno dopo, salirà a dieci.
Rossini ha composto opere per i maggiori teatri italiani ed europei. L’esordio ufficiale sulle scene è avvenuto nel 1810 al Teatro San Moisé di Venezia con La cambiale di matrimonio. Il Guglielmo Tell – rappresentato a Parigi il 3 agosto 1829 con il titolo di Guillaume Tell – sarà l’ultima sua opera.
Il silenzio compositivo che va dal 1832 fino alla sua morte avvenuta nel 1868, rende la sua biografia simile alla narrazione di due vite diverse: la vita del trionfo veloce ed immediato, e la lunga vita di isolamento, nella quale i biografi hanno immortalato il compositore.
Rossini smise di comporre per il teatro lirico all’età di trentasette anni ritirandosi dalla mondanità a vita privata. Continuò fino all’ultimo a scrivere musica, per sé, per Olympe Pélissier, sposata in seconde nozze, e per gli amici. Molti storici della musica si sono interrogati sulle cause del suo ritiro: probabilmente, all’origine di questa inaspettata scelta v’è l’incompatibilità tra Rossini e l’estetica romantica. Notoriamente, Rossini era anche un cultore della gastronomia, sapiente gourmand ed amante della buona cucina.
Cultore della gastronomia e sapiente gourmand
Tra gli aneddoti biografici in merito, si ricorda ad esempio di quanto scrisse ad alcuni amici mentre stava componendo lo Stabat Mater scrive ad alcuni amici: “Sto cercando motivi musicali, ma non mi vengono in mente che pasticci, tartufi e cose simili”. Un’altra sua frase è emblematica: “Ho pianto tre volte nella mia vita: quando mi fischiarono la prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi”.
Il tacchino farcito doveva essere uno dei suoi piatti preferiti, almeno a leggere un’altra sua frase famosa: “Per mangiare il tacchino bisogna assolutamente essere in due: io ed il tacchino”. È stato definito da “Le Courrier des spectacles” una di quelle “figure aperte e ben nutrite che comunicano a chiunque in modo irresistibile la gioia di cui sono pregne”. Creatore anche in questo ambito, una delle sue attività preferite era quella di riuscire a trovare qualche nuovo elemento da aggiungere a piatti già noti, ricercando così nuovi aromi e sapori e riuscendo a dar vita a deliziose “variazioni sul tema”. Ottenuto il risultato voluto, ne era orgoglioso tanto quanto lo potesse essere di una delle sue arie più amate: “… Quel che vi interesserà assai più della mia opera, è la scoperta che ho testé fatta di una nuova insalata, della quale mi affretto a mandarvi la ricetta: prendete dell’olio di Provenza, mostarda inglese, aceto di Francia, un po’ di limone, pepe, sale, battete e mescolate il tutto; poi aggiungete qualche tartufo tagliato a fette sottili. I tartufi danno a questo condimento una sorta di aureola, fatta apposta per mandare in estasi un ghiottone. Il cardinale segretario di Stato, che ho conosciuto in questi ultimi giorni, mi ha impartito, per questa scoperta, la sua apostolica benedizione”. Tra i piatti preferiti dal compositore ci sono i maccheroni alla rossini. fulbert dumonteuil ci racconta come la preparazione di certi piatti potesse assumere per il maestro la solennità rituale di un’autentica cerimonia: “… fu allora che comparve rossini, che con la sua delicata mano grassottella, scelse… una siringa d’argento. la riempì di purée di tartufi e, con pazienza, iniettò in ciascun rotolo di pasta questa salsa incomparabile. poi, sistemata la pasta in una casseruola come un bambino nella culla, i maccheroni finirono la cottura tra vapori che stordivano. rossini restò là, immobile, affascinato, sorvegliando il suo piatto favorito e ascoltando il mormorio dei cari maccheroni come se prestasse orecchio alle note armoniose della divina commedia.” Pur apprezzando le finezze della cucina francese, rossini non risparmiava lazzi all’indirizzo dei gusti del paese che lo ospitava, come ben testimonia questa sua frase: “gli amici gallici preferiscono la ricotta al formaggio, locché equivale al preferire la romanza al pezzo concertato. ah tempi! ah miserie!”.>
La sua vera passione è per i prodotti genuini e caserecci della provincia italiana che hanno accompagnato la sua infanzia in Italia, abbandonata definitivamente nel 1855, ma mai dimenticata, almeno per il cibo. Scrive al vecchio amico Marchese Antonio Busca “… i due stracchini ricevuti …… mi procurano la dolce reminiscenza della augusta madre sua che fu la prima a farmi gustare i nobili prodotti di Gorgonzola. Oh tempi felici! Oh gioventù!”. Ma, a parte i gusti per questo o quel piatto di differenti Paesi o regioni, il Maestro è sicuramente un gourmet: “Dopo il non far nulla io non conosco occupazione per me più deliziosa del mangiare, mangiare come si deve, intendiamoci. L’appetito è per lo stomaco ciò che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il maestro di cappella che governa ed aziona la grande orchestra delle passioni. Lo stomaco vuoto rappresenta il fagotto o il piccolo flauto in cui brontola il malcontento o guaisce l’invidia; al contrario lo stomaco pieno è il triangolo del piacere oppure i cembali della gioia. Quanto all’amore, lo considero la prima donna per eccellenza, la diva che canta nel cervello cavatine di cui l’orecchio s’inebria ed il cuore viene rapito. Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo.”
Rossini è anche un enologo di tutto rispetto che conosce i problemi inerenti la vinificazione e la conservazione del prezioso liquido. In una lettera al padre, dopo aver esposto nei minimi dettagli il sistema per chiarificare il “Bordò”, dà i suoi preziosi consigli: “Lascerete riposare otto giorni il vino, poscia lo metterete in bottiglie, e che vi sia quasi due dita di distanza tra il turaccio e il vino, essendo questa aria necessaria… Arrivate che saran da Venezia le 4 botti le metterete nella miglior cantina, e la meno umida, e lascerete otto, o dieci giorni in riposo il vino prima di fare l’operazione dietro indicata per metterlo in bottiglie; farete pure attenzione nel metterlo in bottiglie, che al finir della botte vi sono sempre due o tre bottiglie di vino più torbido, queste bisogna prima di metterle definitivamente in bottiglie farle passare per un lambicco di carta senza colla, e così compire l’opera… Vedete, caro Vivazza, che per bere qualche bottiglia di buon vino bisogna spender molti danari, e darsi infinite pene, ed aspettar almeno sei mesi affinché il vino si formi nelle bottiglie… Soltanto mi son scordato di dirvi che i turaccioli di sugaro prima di metterli nelle bottiglie hanno bisogno di essere bagnati con dell’acquavita, e questo per due motivi, il primo è quello di inumidire il turacciolo affinché chiuda la bottiglia, il secondo è quello di evitare che il turacciolo secco non dia un cattivo gusto al vino, ciò che succede qualche volta allorché la qualità di questi non è buona”. Probabilmente tra gli artisti del pentagramma è stato il più grande esperto di cucina e dei saperi del cibo e della mensa, non soltanto quindi un musicista di immenso valore, capace di portare a sintesi tutta la cultura musicale passata e di innovare profondamente il linguaggio musicale a lui contemporaneo. È stato anche quello che oggi definiremmo un grandissimo «comunicatore»: un uomo in grado di cogliere, nella società del suo tempo, le aspettative profonde, i sommovimenti, le istanze di innovazione insieme all’amore per i valori della tradizione, il tutto caratterizzato da un’estrema brillantezza ritmica.
Molte delle sue pagine più note sono caratterizzate da una sorta di frenesia che segna uno stacco netto rispetto allo stile degli operisti del Settecento, dai quali pure egli ricavò stilemi e convenzioni formali. La meccanicità di alcuni procedimenti, tra cui il famoso «crescendo rossiniano», donano alla sua musica un tratto surreale, quando non addirittura folle, che si combina perfettamente con il teatro comico, ma offre esiti altrettanto interessanti, e originali, a contatto con soggetti tragici.”
Mappa identità gastronomica europea di Rossini
Tratta dalla pubblicazione “Rossini, raffinato gourmet” di Giovanetti Giuseppe, ed. Il Cigno di Pesaro, 2015.