Pescheria – Centro Arti Visive

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Centro Arti Visive Pescheria

La Pescheria

Disposizioni per la vendita del pesce sono rintracciabili fin dagli antichi Statuti pesaresi che regolamentavano la vita municipale sotto i Malatesta, gli Sforza e i Della Rovere dal XIV al XVII secolo. Fu agli inizi dell’Ottocento che il Comune di Pesaro avvertì l’esigenza di un edificio pubblico deputato alla vendita di un prodotto commerciale che andava acquistando sempre più rilevanza per l’economia cittadina. Nel Consiglio del 13 Dicembre del 1814 furono proposte due aree su cui edificare la futura Pescheria, ma il progetto fu approvato solo sei anni dopo, nella seduta consiliare del 16 Novembre 1820: l’area prescelta fu quella situata all’angolo oggi delimitato da Corso XI Settembre e via di Porta Marina (attuale via Cavour), dove allora sorgeva la sagrestia della chiesa del Suffragio, alcune casette ad essa pertinenti ed una loggia a pianta quadrata, con tre archi a tutto sesto su ognuno dei due prospetti che segnavano l’angolo, sede del lavatoio pubblico e da sempre luogo di scambi commerciali, frequentato principalmente da chi trafficava fra il centro e la zona portuale.

La spesa prevista fu di scudi 3760.34.7 desumibili sui crediti del Comune. L’erigenda Pescheria nasceva sotto gli auspici congiunti del Confaloniere di Pesaro Francesco Bonamini e del delegato apostolico monsignor Lodovico Gazzoli.

Il progetto venne approntato dal ferrarese Pompeo Mancini (1780 – 1856), all’epoca ingegnere capo della Provincia Metaurense, grande sostenitore dell’architettura neoclassica, nonché filantropo, tanto che lasciò in eredità alla città un cospicuo patrimonio.

Per l’esecuzione dei lavori fu bandita un’asta pubblica, il contratto fu stipulato il 24 ottobre 1821 per l’importo di 3886.68.7 scudi al capomastro muratore Giuseppe Specchietti di Senigallia che portò a termine la Pescheria nel triennio 1821-23, comprese le fabbriche accessorie: il lavatoio pubblico, al pian terreno, una decina di magazzini e due solai.

Addizionato all’appalto per la Pescheria, vi fu anche il complessivo riassetto del quadrivio, piazzale di Fonte Rossa, in pessime condizioni stradali igieniche e fognarie, sul quale la Pescheria si affacciava e dell’area compresa fra il Corso e la chiesa della Madonna del Porto.

Il nuovo “piano urbanistico” vide la realizzazione del nuovo lavatoio, della pubblica pesa, del mattatoio, di una nuova barriera daziale, l’allargamento di Strada di Porta Marina, la rimozione della Fonte Rossa – sostituita da una provvisoria . la trasformazione della chiesa del porto, il livellamento e il rialzamento del manto stradale del piazzale, il disfacimento e il rinnovamento del selciato, infine la costituzione di chiaviche sotterranee.

Il nuovo edificio della Pescheria fu concepito secondo lo schema tipo del tempio pagano di cui le possenti colonne, il propileo, la trabeazione con fascia aggettante e l’attico ne rappresentano gli elementi strutturali. Semplice e severo è composto da un’unica aula rettangolare, è realizzato interamente in cotto con una serie di dodici robuste colonne in Stile Dorico sul lato di porta Marina e un ampio ingresso tripartito verso il corso principale.

L’ingresso era ornato da due fontane in marmo d’Istria, poste tra gli intercolumni ciascuna a due zampilli d’acqua che sgorgava da un mascherone rappresentante un fauno con due trombe di metallo fuso a forma di crostaceo marino e defluiva nella sottoposta vasca. Asportate durante il Ventennio fascista, le due fontane sono rimaste in deposito nei giardini degli Orti Giulii e nel 1998 sono state restaurate, reintegrate delle parti mancanti e ricollocate nel sito originario.

Un’altra fontana in pietra a conchiglione con un bacino semicircolare e vari ornati fa da fondale alla parete di fondo della lunga manica.

Nella sua struttura generale e nelle linee essenziali, la Pescheria è rimasta integra nella sua fisionomia generale, di cui conserva anche il soffitto a trabeazioni di legno, ad eccezione dei banconi in pietra per la vendita del pesce che sono stati rimossi.

La chiesa del Suffragio

Il prospetto della Pescheria sul Corso è addossato alla seicentesca chiesa del Suffragio, ormai quasi irriconoscibile nella facciata, mutilata dalle demolizioni. La chiesa, a pianta dodecagonale, presentava un’imponente facciata a tre ordini sovrapposti, suddivisi da cornici orizzontali, percorsa verticalmente da quattro colonne addossate alla parete e ornata da paraste, quadrature e rosoni; al centro un portale con arco, la chiusura a volute delle fasce laterali e un campanile sul retro.

L’altare maggiore aveva una scalinata a tre gradini ed era sormontato da un quadro, erano presenti altri sei quadri di cui non vengono indicati gli autori e già nel 1783 nel catalogo delle pitture che si conservavano nelle chiese di Pesaro, veniva segnalato a proposito della chiesa del Suffragio “ qui nulla vi è di interessante”.

L’aspetto originario della chiesa è rimasto documentato in alcune foto degli inizi del Novecento e nella foto di un acquarello settecentesco (disperso), in cui è raffigurato il piazzale di Fonte Rossa, costituito dall’incrocio o quadrivio fra via dei Fondachi o delle fiere o dei mercati (oggi Corso XI Settembre), la via della chiesa di Santo Spirito ( poi strada di Porta Marina, e dal 1886 via Cavour) e l’antica strada dell’ospedale (oggi via Mazzini).

La chiesa del Suffragio come la Pescheria erano sorte sull’area dell’antichissima chiesa di Santo Spirito, documentata fin dal XIII secolo, e dell’annesso convento dei Padri Crociferi, ordine di remota istituzione per il ricovero e l’ospitalità dei pellegrini.

Dalla pianta prospettica di Pesaro delineata dal cartografo olandese Blaeu (1663), in cui l’isolato con chiesa e convento è indicato con la lettera 2”d”, risultava che il convento si affacciava all’attuale via Cavour ( da cui la denominazione di via della chiesa di Santo Spirito) che sorgeva più arretrata, per cui nell’angolo tra la piccola chiesa e l’attiguo convento si formava una piazzetta. Nel 1634 circa sia la chiesa che il convento in piena decadenza e abbandono furono sostituiti dalla chiesa del Pio Suffragio costruita alquanto più innanzi all’antica chiesetta e con una diversa orientazione della facciata sull’attuale Corso. La Chiesa del Suffragio fu aperta e benedetta il 28 maggio 1635. L’edificazione della chiesa costò 6.297,95 scudi compresa la spesa di 625 scudi per l’acquisto del sito su cui erigerla.

Tra le numerose confraternite locali della città di Pesaro, quella del Pio Suffragio era sorta nel dicembre 1669, fu istituita nella piccola chiesa di Santo Spirito. Nell’Italia napoleonica e in tutto il Regno d’Italia, i beni patrimoniali di vari enti religiosi pesaresi furono indemaniati: quelli della Confraternita del Suffragio furono avocati dal regio demanio il 29 luglio del 1808. Per costruire la Pescheria, che fu appoggiata al muro esterno della chiesa, il 3 novembre 1821 il Comune di Pesaro, rappresentato dal Confaloniere Francesco Bonamini, acquistò, per 900 scudi romani la chiesa, la sagrestia e la casa della confraternita con fabbricati annessi e pertinenze, dai fratelli Carnevali Eriberto, Eutimio e Luigi, i quali a loro volta il 21 settembre del 1813 li avevano comprati dal demanio del cessato governo italiano.

Ormai quasi non più riconoscibile come edificio ecclesiastico, ne è rimasto solo il primo ordine della facciata, mutilata negli altri due ordini sovrapposti a causa del terremoto del 30 settembre 1930. Chiusa al culto fin dal 1888, fu destinata a mercato delle erbe, a deposito delle tranvie elettriche negli anni Trenta, a palestra della prospiciente scuola elementare Perticari, infine a mercato ittico. Smessa la funzione originaria e convertita in spazio espositivo, dal 1996 la Pescheria è sede del Centro Arti Visive, istituzione comunale la cui finalità è di promuovere mostre di arte contemporanea e design.

 

Testo di Giovanna Patrignani